Dal 01 Agosto al 31 Agosto:
Mostra del maestro Guido Mantauti
Presso la sala del consiglio comunale
L’amministrazione comunale ringrazia Pierluigi Montauti e Giorgio Montauti per la cortese disponibilità e per aver reso possibile la realizzazione della mostra.
Guido Montauti, il pittore delle rocce che abbandonò Parigi e i suoi mercanti per tornare nella sua terra.
Acclamato torna nel suo paese di nascita, indimenticato maestro che ha lasciato una forte impronta nella cultura e nel mondo artistico.
“Sono nato nel 1918 in un piccolo paese del Gran Sasso. La prima volta che vidi un quadro incominciai a dipingere; per volere di mio padre dovetti impiegarmi. Poi otto lunghi anni di vita militare mi portarono a vagare per mezza Europa.
Feci la guerra in Grecia e in Francia, evaso dal campo di prigionia, mi chiamai Reillel de Bellock Emile, maquis nelle Forze Francesi dell’Interno. Mi fu possibile dipingere solo in Macedonia e in Lorena. Per divieto di raggiungere Parigi tornai al mio Paese, dove ho dipinto per tre anni e oggi eccomi per caso a Venezia, la prima volta, con questa raccolta di quadri che adunano la mia attività dal ’46 al ’48”.”“Montauti è un uomo moderno, e come tale si esprime, anche se in alcuni lavori l’altrui quadro è considerato fino ad un limite oltre il quale troviamo la personalità del pittore, estremamente romantico-espressionista, nella quale già un sospetto della tridimensione si fa strada e soprattutto l’acuirsi del racconto che lo porterà ad una vena felice di narratore, perchè è forte, anzi troppo, la qualità espressiva di questo pittore”.
“Come nel Rinascimento, con spirito affine all’arte classica, si diversifica da essa, così il Pastore Bianco ritornando alle origini sa differenziarsi dall’arte dei primitivi. (…) L’uomo e le cose, intese, perciò strettamente e fisicamente nel loro concetto di uomo e di cose, vengono a fare la loro apparizione come masse compatte di colore omogeneo delimitate come il ricordo dell’uomo e delle cose suggerisce”.
Un artista che aveva iniziato la sua missione dalle figure della sua montagna, interpretando l’anima e il mondo della sua gente. Ma non si era fermato ai volti di pietra, era andato oltre con le sue battaglie civili e artistiche. Il critico Crispolti parlò di un “caso Montauti”, di un singolare “caso periferico” con frequentazioni internazionali e di “pittore diverso” in rottura dialettica con il panorama più ufficializzato e conclamato dela ricerca dei suoi tempi. Ricordo quando, inquieto e sempre alla ricerca di nuove mete, mi raccontava delle sue esperienze parigine, cui dedicai una intera pagina su “Il Giornale d’Italia”. Una stagione intensa, ricca di fermenti e anche imprevedibile. Quando critici autorevoli e organi di stampa aprirono le porte al “pittore nuovo”, con i mercanti che si contendevano i suoi quadri. Ma fu una esperienza che durò poco. Proprio a Parigi gli toccò scoprire un provincialismo ancora più pericoloso ed angusto di quello che aveva lasciato qui. Quello delle mode e degli ismi, che per lungo tempo ha contrassegnato il panorama dell’arte contemporanea. Proprio in provincia, nella sua provincia, ritrovò l’ambiente ideale per sviluppare una forte, incisiva presenza culturale e artistica che, a 43 anni dalla scomparsa, ancora avvertiamo. Marcello Martelli.